Quando il fuoriclasse se ne va

Cosa accade in un team quando il fuoriclasse abbandona? È questa la domanda che mi sto ponendo in questi giorni in cui numerosi calciatori famosi tipo Ronaldo, Lukaku, Messi…

L’eccellenza come obiettivo

Cos’è l’eccellenza? Ed è possibile replicarla all’interno di un ecosistema come quello aziendale?
Cioè, è possibile allenare e portare un team verso l’eccellenza?

Fondo Nuove Competenze

Misurare il coinvolgimento delle risorse umane che utilizzano lo smartwork, grazie a strumenti utilizzati da HR manager che hanno risolto il problema

Fondo Nuove Competenze

La ripresa che avverrà nei prossimi mesi necessita sin da ora di un cambio di paradigma fondamentale che chiede di mettere ancora una volta al centro dell’interesse delle imprese il capitale umano.

La vita è cambiamento

In azienda stiamo vivendo un periodo di trasformazione. Ci sono tante cose su abbiamo deciso di intervenire per migliorare. Vogliamo utilizzare questo periodo come trampolino di lancio per una nuova fase.

Come sempre ogni cambiamento porta con sé dubbi, incertezze, paure, ripensamenti. C’è sempre qualcuno che mette in dubbio la necessità del cambiamento. Eppure…

Eppure, in un mondo in rapida evoluzione, la capacità di cambiare o di adattarsi è diventata un’abilità indispensabile. Se non ci diamo la possibilità di cambiare, non potremo cambiare nulla nella tua vita.

Stephen Hawking ha detto: “L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento”.

L’intelligenza è il desiderio di imparare, è fare di più rispetto a quello che funziona meglio e più velocemente. È sempre un lavoro in corso. L’adattabilità è una delle misure chiave dell’intelligenza.

Perché la vita è una serie di cambiamenti, con o senza il nostro consenso: non possiamo farci niente. Se vogliamo che le cose vadano come desideriamo, dobbiamo deliberatamente fare in modo che avvenga un cambiamento. L’intelligenza ci consente di prestare attenzione a tutto ciò che ci circonda e acquisire ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere.

“L’unico modo in cui possiamo vivere è crescere. L’unico modo in cui possiamo crescere è se cambiamo. L’unico modo in cui possiamo cambiare è se impariamo. L’unico modo in cui possiamo imparare è se ci esponiamo. E l’unico modo in cui possiamo esporci è buttarsi allo scoperto. Fallo. Lanciati. ” C. JoyBell C.

Se non cerchiamo in modo proattivo modi migliori per reinventarci o diventare una versione migliore di noi stessi, allora resteremo bloccati.

Se siamo bloccati, probabilmente siamo bloccati nella mediocrità e non sfruttiamo al massimo i nostri punti di forza. Se siamo persone normali e non stiamo cambiando, allora o non siamo intelligenti o ignoriamo i nostri difetti.

Vera Nazarian, autrice di The Perpetual Calendar of Inspiration, spiega:

“È un dato di fatto: tutti sono ignoranti in un modo o nell’altro. L’ignoranza è il nostro segreto più profondo. Ed è una delle cose più spaventose, perché quelli di noi che sono più ignoranti sono anche quelli che spesso non lo sanno o non vogliono ammetterlo.

Ecco un rapido test: se non hai mai cambiato idea su alcuni principi fondamentali delle tue convinzioni, se non hai mai messo in dubbio le basi e se non desideri farlo, probabilmente sei ignorante “.

Quanto siamo cambiati negli ultimi dodici mesi? Quali nuove abitudini, pratiche e routine abbiamo adottato negli ultimi sei mesi? Quali azioni stiamo intraprendendo oggi per diventare più intelligenti di quanto eravamo in questo periodo l’anno scorso?

Ecco il punto: non possiamo fermare il futuro e sicuramente non possiamo riavvolgere il passato, quindi perché non prendere il controllo del cambiamento e diventare più intelligenti di quanto eravamo mesi fa?

Il vero cambiamento è il risultato di tutto il vero apprendimento.

George Bernard Shaw ha detto: “Coloro che non possono cambiare idea non possono cambiare nulla”. 

Ogni processo di trasformazione inizia nella mente.

La vera crescita personale inizia con il riconoscimento che qualcosa deve essere fatto in modo diverso. Quando iniziamo a cambiare noi stessi, chiediamo inevitabilmente di più a noi stessi: imparare da nuove esperienze, fare scoperte, trovare modelli di vita più intelligenti, sfidare l’attuale percezione della vita e diventare di mentalità aperta.

Migliorare l’intelligenza nel processo: ci espone a un mondo completamente nuovo di idee per costruire una vita e una carriera migliori. E mentre continuiamo a istruirci o ad abbracciare l’autoapprendimento per reinventarci, la nostra mente si espande consentendo intuizioni ancora migliori.

Molte persone sono abituate alle stesse abitudini e routine: non lasciano spazio a processi migliori o più veloci che possano aiutarli a fare le stesse cose più velocemente o nel minor tempo possibile. Sono di mentalità chiusa.

È qui che si misura l’intelligenza. Di fronte a prove nuove, possiamo adattarci rapidamente per essere migliori?

Gli esseri umani sono esseri intellettualmente “in crescita”. Cresciamo con la nostra intelligenza, basata sulla nostra capacità di cambiare, sulla base della conoscenza che acquisiamo.

Se ci affidiamo ancora agli stessi modelli mentali, principi, routine e abitudini che utilizzavamo cinque anni fa, non stiamo crescendo. La nostra capacità di cambiare con il tempo può aiutarci a sopravvivere, prosperare e crescere. 

“Migliorare è cambiare; essere perfetti significa cambiare spesso”

Winston S. Churchill

Si possono fare piccoli miglioramenti ogni giorno. Possiamo iniziare ad apprendere nuove abitudini, comportamenti e pratiche che possono migliorare in modo significativo la nostra vita nel tempo.

La capacità di riconoscere i propri difetti, apprendere nuovi modelli e nuove pratiche, adattare e superare ciò che ci frena è alla base della maggior parte delle storie di successo. Il successo alla fine arriva a coloro che sono disposti a uscire dalla bolla di comfort per ottenere un futuro migliore!

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/3

I veri leader sono gli amministratori del futuro. Si assumono responsabilità che gli altri non vogliono assumersi. Perché lo fanno? Perché vogliono farlo e perché hanno imparato a farlo.

Allora continuiamo ad imparare e conosciamo le ultima 4 caratteristiche di un buon leader

9. Gestisci la pressione

Se hai delle responsabilità hai già preso decisioni sbagliate, è inevitabile che accada. Quindi sai benissimo che le cattive decisioni non sono prese per mancanza di capacità o di giudizio istintivo, ma a causa dell’incapacità di gestire la pressione nel momento cruciale. Come riuscire a gestire allora quei momenti in cui c’è qualcosa in gioco, ci sono conflitti, c’è una scadenza, un’urgenza e ci sono molti stimoli e distrazioni?

Fatti aiutare da un samurai! Miyamoto Musashi è stato il più famoso samurai giapponese. Ha affrontato decine di duelli senza mai perderne uno. La sua abilità si basava su un “doppio sguardo”; un occhio sulla situazione immediata (l’avversario) e l’altro sull’immagine più grande (lo stato di avanzamento sul campo di battaglia più ampio). La chiave del successo, quindi è la capacità di passare costantemente tra le due situazioni. Non ha senso che tu ti concentri sui dettagli dell’esecuzione se non hai un chiaro senso della strategia generale – e viceversa. E come fare ad adottare questa strategia? Beh, ovviamente c’è da studiare ed imparare.
Ma io ti avevo avvisato nel post precedente: I LEADER IMPARANO!

Un consiglio: crea delle mappe, cioè degli schemi che chiariscono i problemi e forniscono un punto di riferimento facile da ricordare in situazioni di pressione. Comunque dai una letta a “Il libro dei cinque anelli: la vita come strategia” di Miyamoto Musashi.

10. Conosci te stesso. Sii te stesso

Nella camera interna del tempio di Luxor, nell’Alto Egitto si trova inciso un geroglifico il cui significato è: “Uomo, conosci te stesso e conoscerai gli dei”. Se non ti fai deconcentrare dalla confusione e dai problemi quotidiani, puoi diventare libero di seguire la tua strada, sarai resiliente e forte. Lo sviluppo dell’io autentico è di enorme importanza per la performance, come dicono gli psicologi che lavorano nella nostra azienda. Questa è l’essenza del leader, la sua base. Dopo 30 anni di esperienza credo fermamente che i migliori leader rimangono fedeli ai propri valori più profondi. Sono loro che conducono la loro vita e gli altri li seguono.

11. I leader vanno oltre

A qualsiasi cosa ci dedichiamo nella vita, che si tratti di un’impresa o un progetto, la famiglia o una causa, un’arte o una convinzione, facciamo sempre dei sacrifici. Che rinunciamo a un’ora, a un giorno o all’esistenza intera, stiamo vivendo la nostra vita per un obiettivo. Quindi è meglio che ne valga la pena.

12. Inventa il tuo linguaggio

I leader sono narratori. Tutte le grandi organizzazioni sono nate da una storia accattivante. Questo pensiero centrale aiuta le persone a capire per cosa lottano e per quale motivo. Perché le parole innescano le rivoluzioni. Lo storytelling basato su valori forti e importanti, che utilizza un linguaggio comune con mantra, motti e metafore, aiuta i leader a mettere in connessione il significato personale degli appartenenti al loro gruppo con la propria visione del futuro.

Qual è il nutrimento di un leader? La conoscenza. La comunicazione

Per chiudere voglio riassumerti le 12 caratteristiche che definiscono ogni buon leader:

  1. Non sentirti mai troppo grande per fare le cose piccole
  2. Quando arrivi al culmine, cambia obiettivo
  3. Gioca con uno scopo. Chiediti: perché?
  4. I leader creano leader.
  5. Crea un ambiente di apprendimento
  6. Privilegia la logica del “noi”
  7. Punta verso grandi obiettivi
  8. Allenati per vincere. Esercitati sotto pressione
  9. Gestisci la pressione
  10. Conosci te stesso
  11. I leader vanno oltre
  12. Inventa il tuo linguaggio

Le altre due parti di questo lunghissimo post sono:

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/2

Sicuramente vi è capitato di vedere un stormo di uccelli migratori in cielo. In autunno e primavera si vedono spesso nei cieli delle nostre città.

Un uccello fa da guida e sta davanti a tutti; a turno questa guida viene assunta dagli altri membri dello stormo, in un sistema di supporto sincronizzato e senza soluzione di continuità. Gli ornitologi dicono che volare in questo modo è il 70% più efficiente che volare da soli. Se un uccello rompe la formazione, avverte la resistenza del vento e si riunisce allo stormo. Se uno rimane indietro, gli altri aspettano finché non si ricongiunge. È una perfetta dinamica organizzativa ed è un’ottima metafora del concetto di Team.

Nessuno viene lasciato indietro È una perfetta dinamica organizzativa ed è un’ottima metafora del concetto di Team.

Riprendo il discorso da dove lo avevo lasciato e vi elenco altre 4 caratteristiche che secondo me definiscono il leader

5. Crea un ambiente di apprendimento

I leader sono insegnanti.

L’eccellenza è un processo fatto di apprendimento cumulativo e di miglioramento incrementale. Quindi il vero  leader promuove un sistema strutturato ai fini dello sviluppo del team, nonché  una mappa su misura per lo sviluppo degli individui.

Penso che per eccellere, occorra creare una mappa giornaliera di automiglioramento. Un po’ come gli atleti professionisti, che hanno un calendario quotidiano personalizzato di allenamento. Questa mappa funziona come strumento di sviluppo per squadre e organizzazioni.

Grazie a questo approccio dinamico vengono forniti nuovi obiettivi e si sviluppano nuove abilità. Le persone si sforzano al massimo, diventano più capaci e raggiungono risultati migliori per la squadra. Insomma su due aspetti il leader deve puntare l’attenzione:

I LEADER SONO INSEGNANTI
I LEADER IMPARANO

6. Privilegia la logica del “noi”

Qui bisogna citare Kypling: “Perché la forza del branco è il lupo, e la forza del lupo è il branco.” Si tratta insomma di passare da un logica dell’”io” ad una logica del “noi” senza abbandonare la forza dell’individualità. Un team si costruisce dall’interno. E standard elevati devono provenire da dentro il team

7. Punta verso grandi obiettivi

I leader di successo hanno elevati parametri di riferimento. Fissano in alto le proprie aspettative e cercano di superarle. Esiste un proverbio maori che dice: “Punta alla nuvola più alta, così, se la manchi, raggiungerai una montagna maestosa.” Cioè bisogna avere una grande storia in cui credere e grandi obiettivi a cui tendere

8. Allenati per vincere. Esercitati sotto pressione.

Michael Jordan in un’intervista diceva che non aveva mai avuto paura durante una gara, perché si era allenato così tanto intensamente da avere sotto controllo ogni tipo di situazione. Infatti allenarsi intensamente accelera la crescita personale.
Lo scopo è attivare una maggiore lucidità e accuratezza in situazioni di stress e incrementare la capacità di riportare l’attenzione al presente e al compito attuale. I leader intelligenti utilizzano l’intensità per sfidare se stessi e la propria squadra, e per aumentare competenza e capacità. L’allenamento psicologico intensivo è essenziale per sviluppare resistenza mentale e capacità di reazione.

Alla prossima per gli ultimi 4 punti su cui focalizzarsi per essere leader.

Nazario De Mori

Essere leader o non essere leader. Questa è la domanda/1

Sono un leader? Che tipo di leader sono? In questo ultimo mese ho dovuto pensare molto alla leadership. In azienda abbiamo avuto delle attività che ci coinvolgevano su questo tema.

Cosa vuol dire essere leader? Cos’è la leadership?

Ho dovuto rimettere in discussione molte delle mie convinzioni ed in qualche modo sono entrato in crisi.

La leadership si insegna oppure dipende esclusivamente dal nostro carattere?

Invece di insegnare leadership, in questo momento storico non è meglio insegnare la “followerships”? Cioè i buoni seguaci riescono a creare i grandi leader?

Ovviamente, dato il mio carattere, ho dovuto leggere molto ed approfondire l’argomento ed ho capito che per essere buoni leader occorre avere 12 caratteristiche. Sono caratteristiche che occorre declinare puntualmente, e quindi ho deciso di elencarle in 3 post diversi, così da non essere troppo lungo. Cominciamo

1.  Non sentirti mai troppo grande per fare le cose piccole

Il leader è il primo che si mette in gioco; anche a svolgere compiti più umili da condividere con le persone del proprio gruppo. Non bisogna sentirsi mai troppo grandi per fare le cose piccole. Perché la sfida è migliorare sempre, perfezionarsi di continuo, anche quando sei già il migliore.

Soprattutto quando sei il migliore. Questo atteggiamento aiuta ad essere in relazione con la realtà dell’ambiente in cui siamo immersi, perché bisogna avere orgoglio assoluto nella performance e umiltà totale di fronte alla grandezza del compito. Inoltre ci permette di entrare in un’ottica di miglioramento continuo; non ci permette di sentirci arrivati al culmine della nostra carriera, perché la sfida è migliorare sempre, perfezionarsi di continuo, anche quando sei già il migliore. Aiuta anche a forgiare il carattere del gruppo di cui siamo leader: un gruppo di individui capaci ma indisciplinati alla fine non potrà fare altro che fallire; il carattere trionfa sempre sul talento.

2. Quando arrivi al culmine, cambia obiettivo

Bisogna essere pronti al cambiamento, sia che si lavori in un ambiente molto strutturato che in uno più semplice da gestire. Il declino organizzativo è inevitabile a meno che i leader non si preparino per il cambiamento, persino quando si trovano all’apice del successo. Esempi? Kodak, Nokia, Blockbuster….Tutte aziende che erano i player principali dei loro settori e che si sono estinte (in qualche modo). Bisogna quindi creare un’organizzazione vincente che abbia un ambiente di sviluppo personale e professionale in cui ogni individuo si assume le proprie responsabilità e ne condivide il possesso. (Questo è per il mio G.M., che si è battuta fortemente per creare un ambiente di knowledge sharing)

3. Gioca con uno scopo. Chiediti: perché?

Questo è uno dei miei punti preferiti. Troppo spesso nelle aziende il perché, la motivazione che ci spinge a lavorare per un determinato obiettivo, viene sottostimata o taciuta. E invece i leader collegano il significato personale a uno scopo più alto per creare un valore condiviso e indicare una direzione. Diciamo che, visto che vivo in un ambiente circondato di psicologi, “L’autorealizzazione è possibile solo come effetto collaterale della trascendenza da sé”. Cioè dell’andare oltre se stessi. E comincia con la domanda: perché?

Alcuni esempi anche qui? L’agenzia Saatchi & Saatchi vuole rendere il mondo un posto migliore per tutti, la Ford vuole democratizzare l’automobile, la Disney porta il sorriso sul volto dei bambini, la Nike dà forza al singolo, la Procter & Gamble è all’instancabile ricerca di essere la migliore mentre per la Toyota c’è sempre un modo migliore. E avete presente il Barcellona, la squadra di calcio? Sugli spalti hanno scritto la frase “mes que un club”: più di una squadra. Il loro perché è la Catalogna, la libertà. Vogliamo essere un po’ più prosaici? Allora sappiate che “Le persone non comprano quello che fa un’azienda, ma il perché lo fa” (Simon Sinek, “Partire dal perché”) . I leader, le aziende e i team motivati trovano il loro scopo più profondo, il loro “perché?”, e attirano sostenitori grazie a valori, visione e convinzioni condivisi.

4. I leader creano leader

In un’azienda che vuole avere un futuro, ma anche un presente, i leader creano leader trasferendo responsabilità e creando fiducia. Perché responsabilità condivisa significa senso di inclusione e quindi che gli individui sono più motivati a spendersi per una causa comune. Una grande verità, non detta da me ma da Tom Peters, è che “I leader non creano seguaci. Creano altri leader”. Per fare ciò occorre trasmettere ai membri del team un senso di grande autostima: che ciascuno, in qualsiasi momento, possa sentirsi ed essere la pedina più importante.

Prossimamente altre 4 punti su cui focalizzarsi per essere leader.

Nazario De Mori

Competenze che aiutano a resistere in tempi difficili

Quali sono le caratteristiche aziendali che fanno di un’organizzazione un sistema destinato a durare nel tempo e capace di affrontare le avversità?

E’ questa la domanda che mi è frullata in testa in questi mesi complessi. Mesi in cui alcune aziende sono riuscite a gestire tranquillamente l’attività anche a distanza ed in altre invece, i lavoratori hanno vissuto questa trasformazione organizzativa in modo a dir poco distruttivo.

Dopo numerosi ripensamenti, sono arrivata alla conclusione che ci sono due caratteristiche secondo me necessarie, per affrontare il cambiamento organizzativo che stiamo vivendo.

Al primo posto metto la capacità dell’azienda di gestire la Knowledge sharing ossia la capacità di condividere le informazioni all’interno e all’esterno dell’organizzazione.

In questa competenza l’elemento di usabilità digitale è sicuramente fondamentale e nell’attuale periodo di accelerazione dello Smart working, ha fatto la differenza.

Non dobbiamo però cadere nell’errore di considerare solo questo aspetto.

Per essere in grado di sviluppare una reale Knowledge Sharing è necessario saper far “ruotare le informazioni” sia a livello orizzontale (tra i membri del team) che a livello verticale (dai singoli verso il management).

Se l’usabilità digitale ha consentito ad alcune aziende di affrontare la pandemia con relativa tranquillità, attivando immediatamente lo Smart working e il telelavoro, è stata principalmente la capacità di dare e ricevere feed back che ha diviso le organizzazioni tra chi è riuscito ad implementare il lavoro agile e chi invece ne è stato travolto. Stiamo parlando di una competenza soft fortemente strategica, legata alla capacità del singolo di capire quali informazioni devono essere comunicate e con quale mezzo. Anche a distanza, è necessario che i feed back siano costanti, veloci e focalizzati.

Più un individuo è consapevole della loro importanza, ed è capace di dare e ricevere feed back più può vantare una seniority di ruolo all’interno dell’organizzazione.

La seconda competenza fondamentale che ritengo necessaria per le aziende che intendono durare e svilupparsi nel tempo, la individuo nella Learning Organization, ossia nella capacità di una azienda di svilupparsi come una “comunità che apprende”. Di questo concetto se ne parla da diversi anni, ma mai come ora ne vedo tutta la rilevanza strategica.

Una azienda ha successo nel tempo se investe, con pazienza, sulla costruzione di un sapere comune, indipendente dai singoli, costruendo giorno per giorno una logica organizzativa in cui “nessuno deve ritenersi indispensabile”

Nella learning organization si è consapevoli che bisogna evitare di creare degli accentramenti di conoscenza legati ai singoli. Forse un tempo quando il lavoro in una azienda era “per sempre” poteva avere un senso investire solo su alcune persone, ma oggi, con la fluidità del mercato del lavoro è assolutamente un errore quello di accettare da evitare la personalizzazione della conoscenza.

Una organizzazione che investe nella condivisione del sapere, lavora a livello organizzativo affinché tutto il personale utilizzi strumenti e costruisca una mentalità allenata a condividere il sapere comune in termini di diffusione della cultura aziendale.

Più le aziende sposano questo concetto più avvertono la necessità di creare un posto fisico o virtuale dove far crescere e distribuire il sapere aziendale.

Si chiamano Academy aziendali i luoghi in cui, non solo si apprende e si assicura l’occupabilità del proprio personale, ma dove si forgia e si racconta la cultura aziendale. Adoro pensare che alcune aziende hanno scelto il termine di Corporate University per indicare questi luoghi, proprio come a dire che la cultura superiore si sviluppa, non solo a scuola o nelle università, ma anche in azienda e che questo sapere può aprire le sue porte anche al territorio, contaminandolo.

In questa logica l’azienda diventa luogo dove si apprende e dove si mette in circolazione la conoscenza. Posto dove trascorrere la singola esperienza lavorativa nella convinzione che ogni giorno si crescere professionalmente e si contribuisce a generare un sapere condiviso capace di garantire la propria occupabilità. Spazio dove ognuno si sente parte di un tutto che cresce e fa crescere. Luogo culturale dove insieme si cercano strategie in tempi difficili.

“E’ questo il tempo delle cattedrali” cantava Riccardo Cocciante in un noto musical spiegando così un intero periodo storico.
Io oggi, per raccontare questo decennio direi “E’ questo il tempo delle Corporate Academy”.