Ma chi me lo fa fare, al tempo dell’intelligenza artificiale?
Non voglio pormi questa domanda in maniera negativa. Ho sempre pensato che il formatore fosse un lavoro molto bello sotto molti punti di vista.
Ma chi me lo fa fare, al tempo dell’intelligenza artificiale?
Spesso mi sono chiesto in cosa consistesse questo mio interesse verso un lavoro che non sempre è riconosciuto come importante: hai presente la frase “Chi sa fa, chi non sa insegna, e chi non sa insegnare, fa il formatore”
Beh, sono giunto alla conclusione che quello che mi appassiona è favorire le relazioni dei discenti tra di loro e con l’ambiente che li circonda e quindi consentire loro di essere membri importanti della comunità.
Stiamo parlando di formazione professionale e quindi il focus è sempre nel favorire lo sviluppo di competenze tecniche e/o comportamentali. Ma sai benissimo che l’apprendimento senza una visione critica non lascia traccia.
È importante guidare gli allievi a diventare pensatori critici, indipendenti, che non hanno paura di affermare i loro punti di vista. Assistere alla crescita dell’autostima dei discenti è fonte della mia motivazione personale.
Mi piacerebbe che mi vedessero come qualcuno il cui scopo è “imparare ad imparare”; una specie di apprendista permanente che ha la passione per l’apprendimento. Sperando che questo tipo di visione positiva li motivi a divertirsi imparando da soli.
Sono quindi giunto alla conclusione che l’arte di formare è l’arte delle relazioni.
Relazionarsi positivamente con colleghi e ambienti lavorativi aiuta i lavoratori a estrinsecare la genialità che è dentro ognuno di loro. Guidati, i discenti possono imparare a conoscere i propri talenti e indirizzarli a contribuire alla società in modo positivo.
Un formatore come me oggi cosa può trasmettere ad una generazione che vive l’epopea dell'”INTELLIGENZA ARTIFICIALE“? Sono ormai troppo ancorato a metodologie e pratiche in disuso?
Assolutamente no, perché credo che per migliorare la formazione del 21° secolo sia necessario adottare approcci pedagogici più centrati sullo studente: che incoraggino la collaborazione, la creatività, il pensiero critico e l’uso della tecnologia (Intelligenza Artificiale) come strumento di apprendimento.
L’IA deve essere conosciuta in profondità: quanti formatori o insegnanti sanno davvero cos’è l’intelligenza artificiale o si limitano a ripetere ciò che hanno letto o sentito? Cosa sanno di prompt design?
Bisogna abbandonare l’idea che l’insegnante sia l’unica fonte di conoscenza e adottare un approccio più orientato al discente, in cui il formatore agisca come facilitatore dell’apprendimento.
La formazione del 21° secolo deve affrontare la necessità di un’istruzione inclusiva e personalizzata, riconoscendo e valorizzando la diversità dei lavoratori e adattando i metodi di insegnamento per soddisfare le esigenze individuali.
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nella formazione ha già generato ricerche e pratiche il cui scopo è cercare di migliorare i processi di insegnamento e apprendimento sfruttando le tecnologie avanzate.
Se avrete voglia di leggermi ancora, nei prossimi post parlerò di come secondo me cambierà il mondo del lavoro e del perché più la tecnologia sarà diffusa e accessibile, e più le materie umanistiche saranno importanti.