Quando il fuoriclasse se ne va

Cosa accade in un team quando il fuoriclasse abbandona?

È questa la domanda che mi sto ponendo in questi giorni in cui numerosi  calciatori famosi tipo Ronaldo, Lukaku, Messi, (solo per citarne alcuni) hanno lasciato le loro rispettive squadre. Aldilà della fede calcistica, per chi si occupa di gestione delle risorse umane e di dinamiche dei gruppi, l’addio di questi  campioni dalle loro squadre non può non portare a riflettere sugli impatti che genera sulle organizzazioni e sui singoli, l’”abbandono” di uno dei membri del team o ancor meglio l’”abbandono” del fuoriclasse: colui sul quale sono riposte la maggior parte delle aspettative.

Questo tema, apparentemente calcistico, è molto caldo  per tutti gli Hr manager che sempre più spesso si chiedono come fare per mantenere alto l’engagement delle proprie risorse soprattutto quelle di maggior talento.

Sono tre gli impatti sui quali dobbiamo concentrarci:

  1. l’impatto che il turn over genera sugli obiettivi aziendali (riusciremo senza il fuoriclasse a fare  il budget quest’anno?),
  2. l’impatto  che produce sui colleghi (se lui se ne è andato/a vuol dire che non ci reputa alla sua altezza. Se resto in questo team vuol dire che io non sono un fuoriclasse?)
  3. l’impatto sui followers/tifosi/clienti (la società non è riuscita a trattenere il campione perché non è alla sua altezza?)

Tanta roba. Sono tante le implicazioni e le criticità da affrontare. Ma andiamo con ordine.

Primo punto: riusciremo a fare il budget? Riusciremo a portarci a casa la coppa? Se la società ha creato una squadra o un team completamente dipendente dal campione allora forse no. Se invece il fuoriclasse, negli anni in cui ha lavorato/giocato nel team, ha operato all’interno di una reale learning organization, e quindi ha trasferito e condiviso competenze, procedure, motivazione, allora, forse, dopo un primo momento di riassetto, il team sarà in grado di ripartire focalizzato all’obiettivo, concentrandosi con convinzione su un nuovo progetto. Se al contrario  il team è stato esclusivamente costruito sul fuoriclasse senza interessarsi al trasferimento di know how e alla crescita dei singoli membri, allora, sarà difficile ripartire.

Secondo punto: la motivazione del team. L’”abbandono” di un collega è per molti un momento molto difficile, professionalmente è umanamente.

Per alcuni va via il maestro, il collega, l’amico. Non possiamo non tener conto che il clima aziendale cambierà e sarà in parte da ricostruire. È importante però che si faccia capire ai membri del team che va via un “maestro” ma anche un “limite”: qualcuno che creava un “tappo”, un impedimento  e che forse oggi lascia spazio per altri che, partendo da ciò che hanno appreso, avranno l’occasione per diventare protagonisti  dello sviluppo degli anni futuri. L’HR ha il compito di far capire che la Juventus (ad esempio)  resta la Juventus anche senza Ronaldo. Che l’Inter c’era prima di LOKAKU  c’è adesso e ci sarà domani.

Ultimo punto i followers, i clienti o i tifosi a seconda dei casi. Spesso sovrapporre  un team ad una persona che come si suol dire “ci mette la faccia” è utile e vantaggioso ma in altri casi può rappresentare un limite.

La strategia più sicura e di più  lungo periodo è quella che si basa su un coinvolgimento di  più volti, di più campioni, di più brand abbassador che contemporaneamente rappresentano un team.

Questo atteggiamento consente di  lavorare su una immmagine istituzionale multipersonale e multiprotagonista. L’unico cliente, l’unico fornitore, l’unico campione, l’unico uomo al comando sono rischi che dobbiamo sempre riconoscere quali pericolosi  e gestirli con attenzion e solo (al massimo) per brevissimi periodi.

Questo tema della fluidità delle risorse umane all’interno del  mercato impone a tutti gli HR Manager di sviluppare la consapevolezza che probabilmente il nostro numero 10 sarà da noi per un periodo di tempo limitato e che dobbiamo sempre ricordarci che solo operando in un  vera learning organization si potrà  consentire ad un team di rialzarsi e continuare a crescere anche quando il campione abbandona.

Pina Basti

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