Profumo di cambiamento

La volta che ho teorizzato questa assurda equivalenza  ricordo di essermi detta: “Cara mia puoi decidere, o ti metti a girare sulle pareti, spinta dalla forza centrifuga insieme agli altri panni o, se ti fermi, sprofondi”.!

Questa consapevolezza deriva da una illuminazione che ho avuto davanti all’elettrodomestico, probabilmente nelle ore notturne, quando la testa non riusciva a fermarsi e i cassetti erano inesorabilmente carenti di panni puliti.

Fra le tante centrifughe che vivo ogni giorno ce ne sono alcune, che riconosco come diverse: sono quelle che mettono il turbo e che trascinano dietro di loro tutto quanto. Quando capisco che siamo in presenza di questo tipo di movimento, avverto chiaramente che è ora di fare qualcosa: è arrivato il momento di riorganizzarsi e pensare a nuovi processi, è tempo di ascoltare nuovi profumi.

È una sensazione simile a quella che avvertiva Vianne la protagonista del film Chocolat, che sul più bello sentiva il profumo del cambiamento arrivare e non poteva che assecondarlo. Oggi sento anch’io che siamo in presenza di una centrifuga diversa e che il “profumo” è cambiato.

Avverto con estrema chiarezza che il mercato che conosco sta mutando profondamente e che le priorità delle persone si stanno modificando.

È questa una di quelle fasi in cui la natura FA il salto e il cambiamento diventa evidente e si palesa ciò che, fino a ieri, non avevi voluto o saputo vedere.

Tra i cambiamenti più importanti ci sono principalmente nuovi paradigmi di pensiero, primo fra tutti il digital thinking. Fino a qualche mese fa ritenevo che tutto il processo di digitalizzazione avrebbe portato con sé la  necessità di impegnarci quasi esclusivamente in un up-grade di competenze hard, invece ora mi è estremamente chiaro che se non lavoriamo contemporaneamente anche un diffuso sviluppo di competenze soft, le persone chiamate a inventare e proporre nuovi processi o nuovi prodotti   non saranno capaci di attivare alcun cambiamento.

Ancora una volta le competenze comportamentali tornano prepotenti ad affermare la loro validità. Ho sentito parlare la prima volta di competenze trasversali penso alla fine degli anni 90 quando si cominciò, timidamente, a ritenere che i  comportamenti erano importanti almeno quanto le abilità tecniche e i lavoratori hanno cominciato ad essere valutati non solo per quello che sapevano o non sapevano fare ma anche per il modo in cui si ponevano nei riguardi degli altri e per loro capacità di essere problem solving.

Poi Goleman con la sua Intelligenza Emotiva ha profondamente modificato lo status quo  e ha instillato in tutti la necessità di confrontarsi anche su altri temi oltre quelli tecnici.

Cosa cambia ora in questa nuova Rivoluzione Industriale?

Cambia, sicuramente, che quelle che erano considerate competenze comportamentali di alto profilo, da destinare ai manager o comunque agli apicali, oggi diventano strutturali e quindi devono essere sviluppate da  tutti coloro che lavorano e che sicuramente avranno a che fare con un lavoro ibrido. Alcune competenze quali: la capacità di gestire il cambiamento, il problem solver, lo sviluppo del pensiero divergente ora non appartengono più ad una elite ma diventano trasversali a tutti i lavoratori.

Ci troviamo di fronte quindi ad un cambiamento che a ben vedere porta con sé una democratizzazione di sviluppo di consapevolezza dei propri comportamenti e per questo acquisisce ancora di più importanza ai miei occhi.

Vianne partirebbe senza pensarci due volte.

Pina Basti

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